Sono passati 200 anni da quando Napoleone ha coniato il suo cinico aforisma sulla Cina: “Lasciatela dormire; quando si sveglierà scuoterà il mondo”, e per gran parte del periodo seguente il Paese ha continuato a rimanere assopito, con poche conseguenze per l’economia globale. Quel periodo si è ora definitivamente concluso, poiché negli ultimi 20 anni la Cina si è risvegliata, diventando una delle più grandi economie del mondo, con implicazioni di profonda importanza, non solo per gli economisti ma anche per i politici e i diplomatici.
Per gli investitori, tuttavia, la storia è stata leggermente differente. Nonostante lo sviluppo economico del Paese, il conto capitale chiuso della Cina e le difficoltà di accesso ai suoi mercati finanziari hanno limitato gli afflussi di investitori esteri nei mercati obbligazionari e azionari della nazione. Ora non è più così: il 2021 è l’anno in cui diventa impossibile ignorare la Cina dal punto di vista degli investimenti.
Il recente (e tuttora in corso) processo di liberalizzazione finanziaria sta dando i suoi frutti, portando ad un rapido aumento dei pesi nei principali benchmark e ad afflussi di capitale. Queste riforme hanno già favorito l’inclusione delle obbligazioni sovrane cinesi nel Bloomberg Barclays Global Aggregate Index e nel JPMorgan GBI-EM Global Diversified. Questo mese si attende la conferma che la Cina sarà inserita anche nel FTSE World Government Bond Index (WGBI) entro la fine del 2021 con un peso, a nostro avviso, di circa il 6% dell’indice globale. Si tratta di una revisione estremamente significativa di uno dei principali benchmark obbligazionari del mondo. In base al volume delle attività indicizzate a questo benchmark, possiamo calcolare che l’inclusione nell’indice porterà a circa 100 miliardi di dollari di investimenti che confluiranno nelle obbligazioni governative cinesi.
A seguito di questa inclusione, da ora in poi, non investire in obbligazioni cinesi risulterà probabilmente una notevole posizione di sottopeso. Se un tracking error di quell’ampiezza sia tollerabile o meno dipende da vari fattori, ma è molto improbabile che sia auspicabile data l’attuale appetibilità delle obbligazioni cinesi. Attualmente gli investitori obbligazionari sono alla continua ricerca di titoli ad alto rendimento, con una bassa correlazione e solide basi macroeconomiche: tutte caratteristiche offerte dai titoli cinesi.
In termini nominali, il titolo cinese a 10 anni offre circa 200 pb di più rispetto ai Treasuries e quasi 350 pb di più rispetto ai Bund. In termini reali, il paragone è analogamente convincente, come illustrato nella Figura A, che mostra come la Cina sia una rara eccezione poiché offre un rendimento reale fortemente positivo senza dover diminuire il rating creditizio. Ovviamente, bisogna sempre tenere conto dell’esposizione valutaria in qualsiasi decisione d’investimento, ma l’eccedenza delle partite correnti della Cina, la sua posizione fiscale gestibile e le solide previsioni di crescita (che descriveremo più avanti) sono di buon auspicio, a nostro avviso, per un orizzonte d’investimento strategico.